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l’EFSA ha pubblicato uno studio di valutazione sulle strategie più efficaci per eliminare la dermatite nodulare contagiosa (LSD – Lumpy Skin Disease) fornendo  raccomandazioni sulla durata ideale dei programmi di vaccinazione e sui possibili metodi di sorveglianza .

La dermatite nodulare contagiosa è una malattia virale che colpisce i bovini. E’ trasmessa da insetti ematofagi. Causa febbre, noduli sulla pelle e può anche avere esito letale  negli animali che non siano mai stati esposti al virus.

Le opzioni di controllo includono vaccinazioni e abbattimento dei capi infetti.

La malattia è presente in molti Paesi africani. Dal 2012 si è diffusa dal Medio Oriente all’Europa sud-orientale, interessando alcuni Stati membri (Grecia e Bulgaria) e parecchi altri Paesi dei Balcani.

La drastica campagna vaccinale nei suddetti territori ha condotto a una netta riduzione dei focolai come riportato nel rapporto EFSA dello scorso febbraio : I focolai di LSD sono calati del 95%.

Lo studio EFSA è stato condotto utilizzando specifici modelli  sperimentali che mettono  in relazione le variabili :  efficacia del vaccino e copertura  dello stesso.

Ad esempio per una vaccinazione efficace sull’80% degli animali vaccinati, potrà bastare un programma biennale con copertura vaccinale del 90% delle mandrie.

La probabilità che, dopo un programma di vaccinazione, la dermatite nodulare si ripresenti è legata soprattutto all’eventualità che dalle vicine zone interessate dalla malattia vengano introdotti animali infetti.

Altri fattori esaminati nello studio includono la possibile persistenza del virus nei vettori o nell’ambiente.

Fra le strategie di sorveglianza, l’EFSA sottolinea  l’importanza della  diagnosi precoce di nuovi casi e l’utilizzo di tecniche atte a dimostrare l’assenza della malattia.

Lumpy skin disease: scientific and technical assistance on control and surveillance activities

Alla luce della preoccupante progressione della Peste Suina Africana (PSA) in Europa, il Ministero della salute ha  incontrato le Associazioni di categoria della filiera suinicola  ed ha presentato le seguenti linee di intervento:

– promuovere una campagna informativa per accrescere la consapevolezza degli operatori
– adottare un piano di incremento della sorveglianza attiva e passiva sui cinghiali selvatici
– rafforzare la biosicurezza nelle aziende suine
– implementare i controlli  sulle carni e sui suini vivi provenienti dalle aree a rischio
– elaborare piani preventivi di diradamento dei cinghiali selvatici (contenimento).

La malattia, letale per suini e cinghiali, ma del tutto innocua per la salute umana, ha fatto registrare, infatti, nei giorni scorsi un allarmante salto verso occidente con focolai confermati nei cinghiali selvatici a sud del Belgio.

Gli esperti del Centro di Referenza Nazionale per le malattie da Pestivirus e da Asfivirus hanno altresì tracciato un puntuale quadro epidemiologico della malattia, dalla sua scoperta in Angola nel 1921 alla  sua successiva diffusione attraverso il Caucaso, sino a raggiungere  l’est  Europeo e l’Estremo Oriente.  

Infine, è stata formulata l’ipotesi che la malattia sia giunta in Belgio dalle aree infette dell’Est Europa veicolata da un mezzo di trasporto che ha diffuso come un vettore passivo il virus ai cinghiali. Di qui la necessità di campagne informative mirate , accolte con favore dai rappresentati delle Associazioni di categoria presenti all’incontro,   che mettano in guardia soprattutto trasportatori, allevatori, agricoltori e cacciatori, ma anche semplici consumatori, da comportamenti a rischio di veicolare il contagio.

In conclusione il Ministero ha ricordato di aver svolto recentemente la simulazione di gestione di una situazione di crisi e si è reso disponibile a ripetere il test nell’immediato.

Fonte : Ministero della Salute

La Direzione Generale della Sanità Animale (DGSAF) del Ministero della Salute ha emesso una nuova circolare relativa alla  validazione del modello 4 informatizzato per gli allevamenti avicoli sottoposti al Piano Nazionale di Controllo delle Salmonellosi (PNCS).

A partire dal 15 novembre p.v. il mancato aggiornamento in BDN dello stato sanitario degli allevamenti avicoli selezionati per il controllo della salmonellosi, non consentirà  più la validazione automatica del modello 4 informatizzato. Il  Servizio Veterinario della ASL, dopo aver effettuato specifiche e opportune valutazioni ,conferirà l’accreditamento.

Il tempestivo aggiornamento dello stato sanitario  degli allevamenti soggetti al PNCS in BDN è di fondamentale importanza al fine di evitare la penalizzazione  del sistema e al contempo la salvaguardia delle attività degli allevatori.

 

Il virus della Peste Suina Africana, dopo essersi diffuso ai Paesi dell’ Est Europeo, è stato isolato recentemente anche  in Europa occidentale, in due cinghiali trovati morti in Belgio nel comune di Etalle, a pochi Km dal confine con Francia e Lussemburgo.

In seguito a ciò, il Belgio ha predisposto  opportune misure sanitarie onde evitare l’estendersi della malattia agli animali allevati. Gli allevamenti suinicoli infatti risultano ad oggi  “indenni dalla malattia”.

Allo stesso modo la Francia e il Lussemburgo hanno chiesto misure di protezione allertando i propri servizi di Sicurezza alimentare ed i Ministeri competenti.

L’espansione dell’epidemia di Peste Suina Africana sta provocando grossa apprensione in tutta l’Unione Europea.
La preoccupazione maggiore è che il virus possa arrivare in Germania che è attualmente il primo produttore di carne suina di tutta l’Unione Europea e il quarto a livello  mondiale.

Anche l’Italia teme il rischio di diffusione: il nostro Paese importa dal Belgio suini vivi  e carni fresche e lavorate per un valore di oltre 52 milioni , in crescita nel 2017 del 4% rispetto all’anno precedente.
Nella nostra Nazione la PSA è endemica in Sardegna. La Regione lotta contro tale virus da circa 40 anni e rappresenterebbe una vanificazione di tanti sforzi profusi per debellarlo , acquisire il virus dall’Estero.

In tale ottica il Ministero della Salute ha emesso una specifica nota informativa , richiamando l’attenzione sulle attività di vigilanza veterinaria da sostenere presso i macelli, gli allevamenti, le zone  dove si svolge attività venatoria dei cinghiali e gli uffici preposti ai controlli transfrontalieri.
“Ogni caso sospetto di malattia va tempestivamente notificato al Servizio Veterinario competente per territorio che adotterà le misure operative necessarie come previsto dal Piano nazionale delle emergenze epidemiche“.

 

Monkeypox  (vaiolo delle scimmie) è una zoonosi emergente presente in forma endemica  nell’Africa centrale e occidentale.  E’ sostenuta da un da un virus appartenente al genere Orthopoxvirus, come quello del vaiolo umano con il quale condivide le caratteristiche sintomatologiche : debolezza, dolori muscolari, febbre, vomito e rush cutanei con vescicole e papule diffuse sulla superficie corporea.

La malattia si trasmette dalle scimmie all’uomo per contatto con sangue, liquidi organici o a seguito di morsi e graffi di animali infetti ma anche da persona a persona per via aerea o attraverso secrezioni o fluidi corporei. La letalità è inferiore del 10% rispetto a quella del  vaiolo classico.

Il  virus è stato isolato e identificato per la prima volta nel 1958 in alcune scimmie Macaca fascicularis, anche se si presume che il serbatoio dell’infezione che mantiene in natura il virus sia rappresentato da roditori, come gli scoiattoli o i topi che si trovano nelle foreste pluviali dell’Africa centrale e occidentale.

In Europa il 9 settembre 2018 è stato registrato il primo caso di vaiolo delle scimmie.
Il paziente attualmente è ricoverato presso l’unità infettiva del Royal Free Hospital di Londra per sottoporsi alle cure necessarie. Si tratta di un ufficiale della marina nigeriana di stanza nella base di Cornwall che ha raggiunto Londra in aereo da Lagos, in Nigeria. Le autorità mediche ritengono che il paziente abbia contratto il virus in Nigeria, prima di imbarcarsi sull’aeromobile.

Una cinquantina di passeggeri a bordo del volo sono stati contattati e invitati a un monitoraggio attento delle loro condizioni di salute.
Il vaiolo delle scimmie non sempre presenta effetti immediati, potendo manifestare sintomi  anche a distanza di un paio di settimane.
Il rischio di contagio viene comunque ritenuto “molto basso” dalle autorità sanitarie.
Il 12 settembre 2018, a  distanza di tre giorni dalla  prima segnalazione,  i casi confermati sono aumentati a due.
Il secondo paziente  è in cura presso l’unità di malattie infettive e tropicali del Royal Liverpool University Hospital, Gran Bretagna.
I due casi non sono collegati tra loro, tuttavia entrambi i contagiati sono persone tornate dalla Nigeria.

In merito al Vaiolo delle scimmie, il Prof. Massimo Galli, Presidente SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, ha riferito : “per questa infezione non sono disponibili cure specifiche, né profilassi vaccinale. Si tratta tuttavia di una malattia dalla contagiosità e pericolosità contenute in particolare in un contesto europeo dove non sussistano fattori favorenti un decorso di maggior gravità, come la presenza di bambini malnutriti o immunodepressi”.

La notizia dei casi importati in Europa rappresenta una chiara testimonianza di come la globalizzazione abbia  mutato profondamente la concezione spazio temporale dell’uomo e di come quindi i  viaggi in aereo possano veicolare in poche ore malattie della foresta profonda alle grandi città del mondo industrializzato.

Una rete attiva di specialisti in grado di riconoscere questa ed altre malattie infettive emergenti costituisce un irrinunciabile strumento di protezione per la popolazione tutta.

L’8 agosto 2018 è stato segnalato in Spagna un caso autoctono di infezione da virus Crimea-Congo. Si tratta di un uomo di 74 anni  deceduto durante il ricovero in ospedale. Lo stesso aveva  dichiarato di essere stato punto da una zecca il 24 luglio scorso , durante  una battuta di caccia in Estremadura.

La febbre emorragica Crimea-Congo è una zoonosi trasmessa da zecche che può infettare un gran numero di animali domestici e selvatici come bovini, ovini e caprini.
Molti uccelli sono resistenti all’ infezione, tuttavia gli struzzi sono sensibili e possono mostrare un’elevata prevalenza dell’infezione nelle aree endemiche col rischio di  generare la comparsa di casi umani. Nel 1996 è stata registrata  infatti  un’epidemia in un mattatoio di struzzi in Sud Africa, senza sintomi apparenti  in questi animali.

Gli esseri umani sviluppano una malattia grave ad esito spesso mortale. Possono contrarre l’infezione anche tramite contatto con sangue infetto di animali viremici o attraverso il contatto con pazienti contaminati, in particolare nei nosocomi.

Il virus può rendersi responsabile di gravi epidemie di febbre emorragica, con un tasso di mortalità in campo umano  che oscilla dal 10% al 40%.

La febbre emorragica Crimea-Congo è endemica in tutta l’Africa , nel  Medio Oriente e in ’Asia a sud del 50° parallelo settentrionale. In Europa è endemica nella regione balcanica.

In Spagna si erano registrati due casi umani  già nel 2016 .

Nel 2011 uno studio aveva altresì segnalato la presenza del virus nelle zecche  (provincia di Caceres).

Si segnala  che Il virus Crimea-Congo rientra nella “Blueprints list of priority diseases” dell’OMS, elenco di malattie che potrebbero portare a una grave emergenza sanitaria globale in assenza di vaccinazione.

Fonte: Ministero della salute

 

 

Il 7 settembre 2018  nel corso della Conferenza globale ‘Partnership e investimenti per un mondo libero da PPR , organizzato dalla FAO e dall’ OIE, più di 45 paesi hanno rinnovato il loro impegno ad eradicare  globalmente, entro il 2030, la Peste dei piccoli ruminanti (PPR).

I paesi membri sono stati esortati a contribuire al finanziamento di 340 milioni di dollari necessari per il Programma di eradicazione globale del virus 2017-2021.

Si tratta di una malattia altamente contagiosa e devastante responsabile della morte di milioni di pecore e capre ogni anno, che nel giugno 2018 ha raggiunto l’Unione Europea, con il primo caso riscontrato in Bulgaria.

La PPR, come è stato sottolineato nel corso della conferenza, minaccia direttamente i mezzi di sostentamento delle popolazioni più povere : le economie locali subiscono significative perdite per  più di 2,1 miliardi di dollari all’anno.

Secondo il direttore generale della FAO, Graziano da Silva, “le risorse finanziarie per eradicare la PPR non sono una spesa ma un investimento importante che porterà a futuri guadagni economici e sociali.

I piccoli ruminanti, infatti, sono la risorsa principale di circa 300 milioni di famiglie nei paesi in via di sviluppo e se non affrontiamo la diffusione della malattia aumenteranno povertà, fame e anche altre forme di malnutrizione”.

La Strategia per il controllo globale e l’eradicazione della PPR è stata inizialmente adottata in una conferenza del 2015 ad Abidjan, organizzata congiuntamente dalla FAO e dall’OIE attraverso un Programma di eradicazione globale  2017-2021.

I paesi coinvolti hanno formulato piani strategici nazionali, che stabiliscono in dettaglio i passaggi per valutare, controllare ed  eradicare il virus, nonché le risorse finanziarie necessarie alle autorità nazionali per attuare questi piani.

Sin dalla sua prima identificazione in Costa d’Avorio nel 1942, la malattia si è diffusa in oltre 70 paesi in Africa, nel Vicino e Medio Oriente e in Asia e ha raggiunto nuove aree negli ultimi anni.

Per quanto la malattia sia altamente letale per i piccoli ruminanti (uccide fino al 90% degli animali infetti) ,la stessa è facilmente prevenibile con vaccini economici che possono essere somministrati a basso costo.

 

Nel corso del 2018 si sta assistendo ad una  notevole espansione dell’epidemia di Peste suina africana nei territori dell’est Europeo , sia nella popolazione suina selvatica che in quella domestica (principalmente allevamenti rurali).

Caratteristiche della malattia: la Peste suina Africana (PSA) è una malattia altamente contagiosa che colpisce i suidi  (domestici e selvatici)  ad esito per lo più infausto, caratterizzata da lesioni emorragiche della cute e dei parenchimi. Il contagio avviene per contatto con soggetti infetti o con materiale infetto, ingestione di alimenti contaminati, attraverso la puntura di una zecca.

Non esistono vaccini né cure e pertanto  la malattia ha gravi conseguenze socio-economiche nei Paesi in cui si diffonde. Tale patologia non si trasmette all’uomo.

Di seguito: un breve documentario di animazione con finalità esplicativa (fonte EFSA).

Situazione Epidemiologica in Europa: attualmente i focolai confermati nei territori dell’Europa dell’ est coinvolgono oltre 574 suini domestici ed circa 3300 cinghiali selvatici. I paesi interessati sono: Ungheria, Polonia, Federazione Russa, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca, Romania, Ucraina, Moldavia. In Romania ad esempio sono 700 i focolai segnalati nelle ultime settimane; l’infezione si sta diffondendo salendo dal delta del Danubio e scendendo dalla Transilvania.

Grande rilevanza va attribuita al ruolo dei cinghiali, fonte di contagio per gli allevamenti domestici e per la popolazione dei selvatici.

La Danimarca per preservare la popolazione autoctona di circa 20 milioni di suini ha intenzione di costruire un muro di contenimento anti-cinghiale al confine con la Germania, soluzione prevista anche dalla Bulgaria nei confronti della Romania. Tuttavia, gli esperti locali non ritengano sia una valida soluzione.

Situazione Epidemiologica in Italia : In Italia  tale patologia  è presente in Sardegna. La Regione è impegnata da anni in un piano di eradicazione che sta dando ottimi risultati. Il Ministro della salute Grillo in una nota al Commissario europeo alla Salute e sicurezza alimentare Vynetis Andriukaitis afferma infatti: “l’eradicazione è come mai prima d’ora a portata di mano ed è un mio preciso impegno ottenere questo importante risultato”.

La valutazione dei risultati raggiunti ha portato lo stesso Commissario europeo alla Salute e sicurezza alimentare a chiedere un intervento di supporto all’Istituto Zooprofilattico della Sardegna per collaborare alla gestione dei focolai che attualmente si stanno diffondendo.

Di recente la FAO  ha segnalato la comparsa di casi di malattia  per la prima volta anche in Cina , probabilmente insorti in seguito alle importazioni di prodotti alimentari contaminati o di suini vivi.

Per controllare la diffusione della malattia il governo della Repubblica popolare Cinese ha già provveduto all’abbattimento di più di 24.000 suini in solo 4 province.

Da sottolineare che la Cina è  uno dei principali paesi produttori di carne suina con circa la metà della popolazione mondiale di capi (500 milioni). Pertanto la  diffusione dell’epidemia rappresenterebbe un serio rischio per l’economia del Paese Asiatico.

La FAO collabora con il Ministero dell’Agricoltura e degli Affari Rurali Cinese per l’elaborazione di un Piano di emergenza contro la Peste suina Africana e lo sviluppo di specifiche capacità diagnostiche.

“Le Epidemie come queste sono importanti  promemoria per tutti noi che dobbiamo lavorare insieme in uno sforzo multilaterale e integrativo per prevenire e rispondere alle epidemie di malattie animali perché queste non conoscono confini “.  (Kundhavi Kadiresan  – vice direttore Generale FAO e rappresentante regionale per l’Asia e il Pacifico).