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Monkeypox  (vaiolo delle scimmie) è una zoonosi emergente presente in forma endemica  nell’Africa centrale e occidentale.  E’ sostenuta da un da un virus appartenente al genere Orthopoxvirus, come quello del vaiolo umano con il quale condivide le caratteristiche sintomatologiche : debolezza, dolori muscolari, febbre, vomito e rush cutanei con vescicole e papule diffuse sulla superficie corporea.

La malattia si trasmette dalle scimmie all’uomo per contatto con sangue, liquidi organici o a seguito di morsi e graffi di animali infetti ma anche da persona a persona per via aerea o attraverso secrezioni o fluidi corporei. La letalità è inferiore del 10% rispetto a quella del  vaiolo classico.

Il  virus è stato isolato e identificato per la prima volta nel 1958 in alcune scimmie Macaca fascicularis, anche se si presume che il serbatoio dell’infezione che mantiene in natura il virus sia rappresentato da roditori, come gli scoiattoli o i topi che si trovano nelle foreste pluviali dell’Africa centrale e occidentale.

In Europa il 9 settembre 2018 è stato registrato il primo caso di vaiolo delle scimmie.
Il paziente attualmente è ricoverato presso l’unità infettiva del Royal Free Hospital di Londra per sottoporsi alle cure necessarie. Si tratta di un ufficiale della marina nigeriana di stanza nella base di Cornwall che ha raggiunto Londra in aereo da Lagos, in Nigeria. Le autorità mediche ritengono che il paziente abbia contratto il virus in Nigeria, prima di imbarcarsi sull’aeromobile.

Una cinquantina di passeggeri a bordo del volo sono stati contattati e invitati a un monitoraggio attento delle loro condizioni di salute.
Il vaiolo delle scimmie non sempre presenta effetti immediati, potendo manifestare sintomi  anche a distanza di un paio di settimane.
Il rischio di contagio viene comunque ritenuto “molto basso” dalle autorità sanitarie.
Il 12 settembre 2018, a  distanza di tre giorni dalla  prima segnalazione,  i casi confermati sono aumentati a due.
Il secondo paziente  è in cura presso l’unità di malattie infettive e tropicali del Royal Liverpool University Hospital, Gran Bretagna.
I due casi non sono collegati tra loro, tuttavia entrambi i contagiati sono persone tornate dalla Nigeria.

In merito al Vaiolo delle scimmie, il Prof. Massimo Galli, Presidente SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, ha riferito : “per questa infezione non sono disponibili cure specifiche, né profilassi vaccinale. Si tratta tuttavia di una malattia dalla contagiosità e pericolosità contenute in particolare in un contesto europeo dove non sussistano fattori favorenti un decorso di maggior gravità, come la presenza di bambini malnutriti o immunodepressi”.

La notizia dei casi importati in Europa rappresenta una chiara testimonianza di come la globalizzazione abbia  mutato profondamente la concezione spazio temporale dell’uomo e di come quindi i  viaggi in aereo possano veicolare in poche ore malattie della foresta profonda alle grandi città del mondo industrializzato.

Una rete attiva di specialisti in grado di riconoscere questa ed altre malattie infettive emergenti costituisce un irrinunciabile strumento di protezione per la popolazione tutta.

L’8 agosto 2018 è stato segnalato in Spagna un caso autoctono di infezione da virus Crimea-Congo. Si tratta di un uomo di 74 anni  deceduto durante il ricovero in ospedale. Lo stesso aveva  dichiarato di essere stato punto da una zecca il 24 luglio scorso , durante  una battuta di caccia in Estremadura.

La febbre emorragica Crimea-Congo è una zoonosi trasmessa da zecche che può infettare un gran numero di animali domestici e selvatici come bovini, ovini e caprini.
Molti uccelli sono resistenti all’ infezione, tuttavia gli struzzi sono sensibili e possono mostrare un’elevata prevalenza dell’infezione nelle aree endemiche col rischio di  generare la comparsa di casi umani. Nel 1996 è stata registrata  infatti  un’epidemia in un mattatoio di struzzi in Sud Africa, senza sintomi apparenti  in questi animali.

Gli esseri umani sviluppano una malattia grave ad esito spesso mortale. Possono contrarre l’infezione anche tramite contatto con sangue infetto di animali viremici o attraverso il contatto con pazienti contaminati, in particolare nei nosocomi.

Il virus può rendersi responsabile di gravi epidemie di febbre emorragica, con un tasso di mortalità in campo umano  che oscilla dal 10% al 40%.

La febbre emorragica Crimea-Congo è endemica in tutta l’Africa , nel  Medio Oriente e in ’Asia a sud del 50° parallelo settentrionale. In Europa è endemica nella regione balcanica.

In Spagna si erano registrati due casi umani  già nel 2016 .

Nel 2011 uno studio aveva altresì segnalato la presenza del virus nelle zecche  (provincia di Caceres).

Si segnala  che Il virus Crimea-Congo rientra nella “Blueprints list of priority diseases” dell’OMS, elenco di malattie che potrebbero portare a una grave emergenza sanitaria globale in assenza di vaccinazione.

Fonte: Ministero della salute

 

 

Il 7 settembre 2018  nel corso della Conferenza globale ‘Partnership e investimenti per un mondo libero da PPR , organizzato dalla FAO e dall’ OIE, più di 45 paesi hanno rinnovato il loro impegno ad eradicare  globalmente, entro il 2030, la Peste dei piccoli ruminanti (PPR).

I paesi membri sono stati esortati a contribuire al finanziamento di 340 milioni di dollari necessari per il Programma di eradicazione globale del virus 2017-2021.

Si tratta di una malattia altamente contagiosa e devastante responsabile della morte di milioni di pecore e capre ogni anno, che nel giugno 2018 ha raggiunto l’Unione Europea, con il primo caso riscontrato in Bulgaria.

La PPR, come è stato sottolineato nel corso della conferenza, minaccia direttamente i mezzi di sostentamento delle popolazioni più povere : le economie locali subiscono significative perdite per  più di 2,1 miliardi di dollari all’anno.

Secondo il direttore generale della FAO, Graziano da Silva, “le risorse finanziarie per eradicare la PPR non sono una spesa ma un investimento importante che porterà a futuri guadagni economici e sociali.

I piccoli ruminanti, infatti, sono la risorsa principale di circa 300 milioni di famiglie nei paesi in via di sviluppo e se non affrontiamo la diffusione della malattia aumenteranno povertà, fame e anche altre forme di malnutrizione”.

La Strategia per il controllo globale e l’eradicazione della PPR è stata inizialmente adottata in una conferenza del 2015 ad Abidjan, organizzata congiuntamente dalla FAO e dall’OIE attraverso un Programma di eradicazione globale  2017-2021.

I paesi coinvolti hanno formulato piani strategici nazionali, che stabiliscono in dettaglio i passaggi per valutare, controllare ed  eradicare il virus, nonché le risorse finanziarie necessarie alle autorità nazionali per attuare questi piani.

Sin dalla sua prima identificazione in Costa d’Avorio nel 1942, la malattia si è diffusa in oltre 70 paesi in Africa, nel Vicino e Medio Oriente e in Asia e ha raggiunto nuove aree negli ultimi anni.

Per quanto la malattia sia altamente letale per i piccoli ruminanti (uccide fino al 90% degli animali infetti) ,la stessa è facilmente prevenibile con vaccini economici che possono essere somministrati a basso costo.

 

Nel corso del 2018 si sta assistendo ad una  notevole espansione dell’epidemia di Peste suina africana nei territori dell’est Europeo , sia nella popolazione suina selvatica che in quella domestica (principalmente allevamenti rurali).

Caratteristiche della malattia: la Peste suina Africana (PSA) è una malattia altamente contagiosa che colpisce i suidi  (domestici e selvatici)  ad esito per lo più infausto, caratterizzata da lesioni emorragiche della cute e dei parenchimi. Il contagio avviene per contatto con soggetti infetti o con materiale infetto, ingestione di alimenti contaminati, attraverso la puntura di una zecca.

Non esistono vaccini né cure e pertanto  la malattia ha gravi conseguenze socio-economiche nei Paesi in cui si diffonde. Tale patologia non si trasmette all’uomo.

Di seguito: un breve documentario di animazione con finalità esplicativa (fonte EFSA).

Situazione Epidemiologica in Europa: attualmente i focolai confermati nei territori dell’Europa dell’ est coinvolgono oltre 574 suini domestici ed circa 3300 cinghiali selvatici. I paesi interessati sono: Ungheria, Polonia, Federazione Russa, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca, Romania, Ucraina, Moldavia. In Romania ad esempio sono 700 i focolai segnalati nelle ultime settimane; l’infezione si sta diffondendo salendo dal delta del Danubio e scendendo dalla Transilvania.

Grande rilevanza va attribuita al ruolo dei cinghiali, fonte di contagio per gli allevamenti domestici e per la popolazione dei selvatici.

La Danimarca per preservare la popolazione autoctona di circa 20 milioni di suini ha intenzione di costruire un muro di contenimento anti-cinghiale al confine con la Germania, soluzione prevista anche dalla Bulgaria nei confronti della Romania. Tuttavia, gli esperti locali non ritengano sia una valida soluzione.

Situazione Epidemiologica in Italia : In Italia  tale patologia  è presente in Sardegna. La Regione è impegnata da anni in un piano di eradicazione che sta dando ottimi risultati. Il Ministro della salute Grillo in una nota al Commissario europeo alla Salute e sicurezza alimentare Vynetis Andriukaitis afferma infatti: “l’eradicazione è come mai prima d’ora a portata di mano ed è un mio preciso impegno ottenere questo importante risultato”.

La valutazione dei risultati raggiunti ha portato lo stesso Commissario europeo alla Salute e sicurezza alimentare a chiedere un intervento di supporto all’Istituto Zooprofilattico della Sardegna per collaborare alla gestione dei focolai che attualmente si stanno diffondendo.

Di recente la FAO  ha segnalato la comparsa di casi di malattia  per la prima volta anche in Cina , probabilmente insorti in seguito alle importazioni di prodotti alimentari contaminati o di suini vivi.

Per controllare la diffusione della malattia il governo della Repubblica popolare Cinese ha già provveduto all’abbattimento di più di 24.000 suini in solo 4 province.

Da sottolineare che la Cina è  uno dei principali paesi produttori di carne suina con circa la metà della popolazione mondiale di capi (500 milioni). Pertanto la  diffusione dell’epidemia rappresenterebbe un serio rischio per l’economia del Paese Asiatico.

La FAO collabora con il Ministero dell’Agricoltura e degli Affari Rurali Cinese per l’elaborazione di un Piano di emergenza contro la Peste suina Africana e lo sviluppo di specifiche capacità diagnostiche.

“Le Epidemie come queste sono importanti  promemoria per tutti noi che dobbiamo lavorare insieme in uno sforzo multilaterale e integrativo per prevenire e rispondere alle epidemie di malattie animali perché queste non conoscono confini “.  (Kundhavi Kadiresan  – vice direttore Generale FAO e rappresentante regionale per l’Asia e il Pacifico).

Dal mese di giugno 2018 sono stati confermati diversi casi di West Nile Disease (Wnd).

Il  primo caso umano confermato nella forma neuro invasiva è stato segnalato a Rovigo, nello stesso periodo è  stata accertata altresì la circolazione del virus responsabile della infezione nel corso dell’attività di sorveglianza veterinaria sugli insetti vettori dell’infezione in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.

Ad oggi i casi notificati in Italia ( Bollettino CESME n.8) sono 255 : 116 segnalati nel Veneto, 118 in Emilia Romagna, 10 in Piemonte, 7 in Lombardia, 2 in Friuli Venezia Giulia e 2 in Sardegna; di essi, 113 presentano un quadro sintomatologico grave a carattere neuro invasivo. Sono stati riportati  10 casi di decesso.

La West Nile disease è una malattia virale sostenuta da un flavivirus. I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare (più frequentemente del tipo Culex), le cui punture rappresentano il principale mezzo di trasmissione all’uomo .

Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono : trapianti di organi, trasfusioni ematiche, trasmissione materno-fetale.

La febbre West Nile non si trasmette da persona a persona tramite il contatto con le persone infette. Il virus infetta anche altri mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri.

Nella maggior parte dei casi  la sintomatologia  nell’uomo è silente e dunque di difficile lettura; tuttavia in alcune specifiche situazioni quali  immunodepressione, debilitazione, età avanzata, patologie croniche ecc. possono verificarsi complicanze di natura neurologica, come meningiti od encefaliti.

La Sorveglianza umana è coordinata a livello nazionale dal  Dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità con il supporto del Ministero della Salute che trasmette i dati alla Commissione Europea e dall’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie). Le Regioni in piena autonomia definiscono i documenti normativo – programmatici per la sorveglianza epidemiologica e di laboratorio sul loro territorio e trasmettono i dati all’Istituto Superiore di Sanità ed al Ministero della Salute secondo il flusso riportato nel Piano Nazionale integrato e risposta al virus West Nile e Usutu.

Le attività di Sorveglianza in ambito veterinario sono coordinate a livello nazionale dal Centro di Referenza Nazionale per lo studio e l’accertamento delle malattie Esotiche (CESME) istituito da Ministero della Salute presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “ G. Caporale “cui afferiscono le attività di conferma diagnostica e la gestione dei dati trasmessi al Ministero della Salute secondo il flusso previsto dallo specifico Piano

I dati del sistema di sorveglianza vengono periodicamente aggiornati e riportati nel bollettino periodico CESME.

Il Ministero della Salute informa che le autorità bulgare hanno accertato la presenza di peste dei piccoli ruminanti (PPR) in tre aziende ovi-caprine situate nel villaggio di Voden, regione di Yambol, localizzato a circa 10 chilometri dalla frontiera turca. La conferma è arrivata a seguito delle analisi effettuate dal Laboratorio europeo di riferimento (EURL CIRAD).

Si tratta della prima notifica in assoluto nel territorio dell’Unione Europea.

La PPR è una malattia altamente contagiosa che colpisce ovini, caprini e ruminanti selvatici, endemica in molti Paesi dell’Africa, Medio Oriente e Asia. In Turchia ha fatto la sua comparsa nel 1992 nell’Anatolia sud-orientale, diffondendosi poi rapidamente in tutte le regioni.Si manifesta con un andamento acuto caratterizzato da febbre, anoressia, scolo nasale ed oculare, erosioni ed ulcere delle mucose dell’apparato digerente, diarrea e marcata leucopenia con immunosoppressione. Gli animali gravidi possono abortire. I tassi di morbilità e mortalità sono variabili, ma possono raggiungere rispettivamente il 100% e l’80-90%. Si trasmette generalmente per contatto diretto con animali infetti o con le loro feci e secrezioni fresche (es. saliva, muco nasale). Nelle carni fresche refrigerate il virus può sopravvivere per alcuni giorni.

Non è una zoonosi e non comporta alcun rischio per la salute umana, tuttavia l’impatto economico per le comunità rurali basate sulla pastorizia può essere devastante, contribuendo nei paesi meno sviluppati ad aggravare situazioni di povertà, malnutrizione e instabilità sociale. Per questa ragione la FAO e l’OIE hanno lanciato un programma congiunto per giungere all’eradicazione globale della PPR entro il 2030.

Le autorità bulgare hanno già messo in atto le misure previste dalla Direttiva 92/119/CEE, tra cui l’abbattimento e la distruzione degli ovi-caprini presenti nelle aziende infette (stamping out), seguito da pulizia e disinfezione. Tali misure sono accompagnate dalla definizione di una zona di protezione e di una zona di sorveglianza, rispettivamente di almeno 3 e 10 Km di raggio, e da restrizioni alla movimentazione di animali vivi e prodotti derivati. La vaccinazione è consentita solo come intervento complementare ad altre misure di controllo e a seguito di autorizzazione della Commissione europea.

Oltre alle disposizioni prese dalle autorità bulgare, con la Decisione di esecuzione (UE) 2018/911 della Commissione del 25 giugno 2018 sono stati stabiliti ulteriori provvedimenti cautelari al fine di impedire la diffusione della malattia.

 

fonte : Ministero della Salute